Vivere la Tanzania e la tribù Maasai genuinamente non è molto semplice, soprattutto se si rimane lungo le tradizionali rotte turistiche safari nel Nord del Paese, quelle del safari classico giusto per intenderci.
Bisogna addentrarsi nel cuore della Paese e raggiungere letteralmente il mezzo del nulla, Kiberashi, a circa 9 ore da Arusha ed 8 da Dar Es Salam, e quella che erroneamente in molti credono essere un'attrazione prettamente turistica si trasforma in una vera e propria esperienza, non solo di viaggio ma di vita.
Sono arrivata per caso al villaggio di Willy e Cristina. Mi sono imbattuta in articoli scritti da lei che raccontavano del villaggio ed incuriosita ho deciso di raggiungerli e concludere con loro un viaggio tra Madagascar, Uganda e Tanzania cominciato 3 mesi prima.
Partiti da Arusha abbiamo impiegato circa 9 ore di auto per arrivare nella savana dove la famiglia Masai, tra cui spiccava la simpatica bionda (Cristina), ci ha accolti a braccia aperte come se ci conoscessimo da una vita.
La struttura in cui si dorme, costruita con dovizia e amore nel mezzo della savana, racconta un progetto etico e sostenibile in cui la coppia Italo-Maasai, Cristina e Willy, ha scelto di investire, al punto di decidere di trasferircisi in maniera definitiva, credendo fermamente nell'incontro interculturale ed offrendo il proprio supporto alla valorizzazione responsabile della trazione tribale.
A loro, ma anche alla gigantesca famiglia Maasai che mi ha trattata come di famiglia, dedico questo post invitando chi legge a contattarli (Maasai Travel Life) per saperne di più e, magari, regalarsi questa esperienza unica e, davvero, senza filtri.
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Maasai è l'ortografia corretta, la parola infatti significa persone che parlano Maa. Masai era l'ortografia errata dei coloni britannici rimasta comunque nell'uso corrente.
Vivere a contatto con i Maasai e farsi guidare da Cristina e Willy, che spiegano bene come funziona la vita tradizionale, è sicuramente quello che consiglio di fare così da approfondire direttamente sul campo le complesse dinamiche.
Ma per entrare nel vivo della situazione e, magari, ispirarvi un po' per cominciare a considerare concretamente questa deviazione durante un viaggio in Tanzania, scopriamo qualcosa in più sul gruppo etnico, forse, più famoso d'Africa.
I Maasai - letteralmente il popolo che parla il Maa - ha vissuto in quelli che oggi sono il Kenya e la Tanzania almeno dal XVII secolo.
Facilmente riconoscibili dai loro abiti colorati, larghi teli a scacchi, e gli abbellimenti fatti con perline, complice il loro modo di fare accogliente e generoso ma anche la resistenza al cambio delle tradizioni, i Maasai sono diventati delle vere e proprie icone dell'Africa orientale.
Nonostante le attuali sfide con cui hanno a che fare, dal cambiamento climatico all'arrivo delle tecnologie, i Maasai, che pare siano circa 2 milioni, continuano ad abbracciare e ad incarnare lo stile di vita semi-nomade che si tramanda da generazioni.
Hanno la reputazione di feroci guerrieri ma in verità la loro vita ruota attorno al bestiame.
Una delle loro credenze spirituali infatti racconta che il loro dio, Enkai, abbia creato il bestiame per i Maasai e che quindi tutto il bestiame sulla terra appartenga a loro.
Questo legame molto stretto con i propri animali, li ha condotti a uno stile di vita nomade che, ancora oggi, segue le stagioni della pioggia, così si muovono costantemente alla ricerca di erba fresca per le proprie bestie che hanno la priorità e richiedono cura ed attenzione.
I Masai sono riusciti a mantenere le proprie tradizioni vive nonostante con il passare degli anni diventi sempre più complicato.
Le aree di pascolo sono diminuite di molto, a causa dell'urbanizzazione e della costante diminuzione di terra un tempo loro. Quelli che oggi sono la Riserva Maasai Mara ed il Parco Nazionale del Serengeti, per esempio, un tempo erano aree di pascolo Maasai.
Hanno quindi adottato uno stile di vita progressivamente più sedentario, cominciando a dedicarsi anche alla coltivazione, pur continuando ad amare profondamente i propri animali.
L'UNESCO ha deciso di inserire nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità diversi rituali di passaggio Maasai perchè "patrimonio culturale immateriale che necessita urgente protezione".
I rituali che l'UNESCO intende tutelare sono tre: Enkipaata, Eunoto ed Enkang oo-nikiri o anche Olng'esherr (in linga Maa in Kenya) o Elatim, Eunoto, Emanyata (in lingua Maa in Tanzania). Stessi eventi solo nomi differenti.
Questi tre rituali di passaggio maschili rappresentano i tre eventi principali della vita maasai e sanciscono le tre fasi della vita: Bambini, Guerrieri ed Anziani
L'Enkipaata (Elatim in Tanzania) è il rituale che precede il rito della circoncisione e che segna l'ingresso dei bambini nella fase dei giovani guerrieri.
Dopo la cerimonia della circoncisione i ragazzi sono pronti a diventare morani, guerrieri. I mini-guerrieri sono pronti a diventare uomini adulti e a costruirsi una famiglia e per farlo devono superare una prova.
Vivono isolati dal resto del villaggio, nel mentre vengono istruiti dagli anziani su tutto ciò che devono affrontare nella vita da uomini adulti, dimostrando così di esser pronti a fare il passaggio successivo.
Questo momento si celebra con il rituale dell'Eunoto. Durante questo rituale i guerrieri, che portano i capelli lunghi, si rasano a simboleggiare un nuovo inizio.
L'ultimo rituale, l'Enkang oo-nikiri o Olng'esherr (Emanyata in Tanzania), noto come cerimonia della carne, viene celebrato sacrificando un toro, la cui carne viene preparata dalle donne del villaggio e offerta agli uomini e celebra l'ultimo passaggio, quello dell'ingresso nel gruppo degli anziani.
Questi eventi che scandiscono la vita di ogni uomo Masai, sono volti ad insegnare il rispetto e la responsabilità ma sono anche formativi, visto che l'obiettivo è la trasmissione delle conoscenze tribali secondo un processo disciplinato e con tempistiche ben precise.
Un altro evento molto importante è il Loorbak, che in lingua Maa si riferisce alle passate guerriglie tra tribù. Oggi questo termine si utilizza per indicare la pace e la serenità.
Un Maasai dopo aver festeggiato con l'Emanyata, sceglie il Masai a cui è più legato, che non può rifiutare l'invito e che deve sostenere a metà le spese della festa, con cui celebrerà per due giorni l'amicizia e l'armonia.
I mesi migliori per avere la possibilità di assistere a questi eventi, che non sono mai pianificati con largo anticipo sono Giugno e Luglio.
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Al villaggio di Kiberashi si vive quindi una esperienza unica a stretto contatto con i Maasai che, grazie all'impagabile aiuto dato da Cristina e Willy, sanno come farci sentire parte di una grande famiglia. In effetti la famiglia con cui si vive è quella di Willy.
In linea di massima il villaggio si può raggiungere sempre. Tuttavia i mesi meno indicati sono quelli delle grandi piogge, da Marzo a fine Aprile, in quanto diventa pericoloso spostarsi con i mezzi nelle strade sterrate della savana che potrebbero non essere praticabili.
Sempre eccellente i restanti mesi dell'anno, con giornate meno calde da Giugno a fine Agosto.
Se si viaggia ad Agosto consiglio di prenotare con largo anticipo perchè i posti in homestay sono pochi e le richieste per questo mese sono sempre molte.
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Questo più che un viaggio diventa un'esperienza di vita vera, ed è sicuramente una estensione meno classica e più originale, dell'abbinamento Safari + Zanzibar.
Sicuramente raggiungendo il villaggio si va ben oltre i classici circuiti turistici.
Un'opportunità unica che permette di conoscere e scoprire la vera cultura Maasai e vederlo direttamente nelle loro case, ideale per chi ha voglia di mettersi in gioco e confrontarsi con questa magica realtà.
Questo viaggio è adatto a tutti purchè si abbia un minimo di flessibilità e non si abbiano grandi pretese.
La homestay conta di due belle camere da letto, con comodi materassi, un bagno esterno ed in comune ed una doccia dove usare l'acqua con moderazione visto che non c'è acqua corrente da quelle parti (a tal proposito rimando al post La Savana e la triste realtà dell'acqua in Tanzania).
L'elettricità arriva da un pannello solare, non c'è wi-fi (ma con scheda SIM, che se non si ha viene data per i giorni di permanenza da Cristina), non ci sono lettini per prendere il sole nè servizio lavanderia. Non è un viaggio indicato a chi ha paura di sporcarsi di polvere e neanche a chi non è paziente, in Africa si vive a ritmo del "pole-pole" (piano-piano), e qui più che altrove capirete cosa voglia dire.
La dieta masai è ricca di carboidrati e proteine, non molto variegata tanto che loro possono mangiare più volte al giorno e per più giorni di seguito la stessa cosa.
Il piatto principale dei maasai è l'Ugali, polenta di mais bianco, emboga, un contorno di verdure, e gli immancabili fagioli (maharage) accompagnati da una tazza di latte appena munto o del Chai.
Sono grandi mangiatori di carne e durante i mesi di pastorizia, quando per cercare erba fresca per i propri animali vivono da nomadi, bevono sangue di mucca e latte, drink molto nutriente.
Anche se devo ammettere che il cibo, in particolare in Tanzania, pur essendo una che mangia le pietre e raramente si lamenta del mangiare, è stato un po' problematico, più che altro noioso tanto da averne scritto nel post Cose a cui fare l'abitudine in Tanzania).
È in questo caso che l'italianissima Cristina viene in nostro aiuto, riuscendo a cucinare deliziosi pasti, differenti e prelibati, utilizzando prodotti locali e del proprio orto che, con impegno e duro lavoro, dà i suoi frutti.
Il villaggio si trova in terra maasai chiamata anche steppa Maasai, a pochi minuti da Kiberashi nella regione di Tanga, circa 8 ore di viaggio dall'aeroporto Internazionale Julius Nyerere di Dar es Salam e circa 9 da Arusha.
Si può arrivare al villaggio con bus locali o, per chi non se la sente, c vion auto privata. Willy saprà aiutare in tutti i casi offrendo differenti soluzioni che funzionano per qualsiasi tipo di viaggiatore.
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Bellissimo articolo, i miei complimenti!!!