Paese del cuore caldo il Senegal che mi ha conquistata. I senegalesi lo chiamano il Paese della Teranga, una di quelle parole non perfettamente traducibili in italiano e che vanno dunque imparate per come sono.
Nella lingua locale infatti Teranga significa accoglienza, ma anche apertura al prossimo, ospitalità, racconto, porte aperte su una quotidianità condivisa, rispetto, scambio di emozioni, di sorrisi. Se aggiungiamo il ritmo scandito dal djembé e il delizioso thé à la menthe (tea alla menta), il Senegal si riassume in qualcosa di semplice, genuino e caloroso.
A differenza dell’Africa più conosciuta e navigata nel turismo, quella orientale o quella del Sud, quella dei parchi per safari più famosi, delle montagne più alte del continente e del mare da cartolina, il Senegal, destinazione che sta aprendosi al turismo, è una scoperta insolita, opposta per localizzazione geografica ed anche per alcuni aspetti culturali, a quell'Africa che l'immaginario comune si aspetta.
Ma allora cosa è il Senegal, cosa ha da offrire? E perché vale la pena andare?
Il Senegal è un mix di paesaggi, di civiltà, di lavori e tradizioni tutti accomunati dalla Teranga: il fil rouge, filo rosso, che connette il nord al sud di questo stato gioioso ed allegro dell’Africa Occidentale.
Il Senegal è l’amico speciale che profuma di mango, maturo come la sua gente e goloso come dovrebbe essere la vita.
Ma è anche un piatto unico speziato e cipolloso a base di riso: che sia yassa poulet o yassa poisson (riso e pollo o riso e pesce) è ricco di gusto e completo e va condiviso con gli altri commensali da un unico grande piatto. Che usiate il cucchiaio o le mani per portarlo alla bocca fa poca differenza: le parti più ricche del piatto vanno spartite con chi è a tavola, o molto probabilmente seduto a terra, con noi a ricordarci che Africa, e questo è vero per tutto il Continente, è un inno alla condivisione.
Se fosse una bevanda, sarebbe almeno tre succhi: il succo rosa di guayava, il succo di bissap e quello di baobab. Rinfrescante (bissap), rigenerante (guayava) e antinfiammatorio (baobab).
Una destinazione che funge un po' da elisir di buona vita.
Questa pienezza e polposità si trova anche in molti ingredienti o pietanze della vita quotidiana senegalese: nel burro di karité che si scioglie tra le mani, protegge la pelle ma non ha poi tutto questo gradevole profumo; nel caffè touba, bello nero e speziatissimo; nel panino con le cipolle a colazione, gusto deciso che poi trasuda per giorni dalla pelle e fa avere a tutti l’odore dell’Africa addosso.
In Africa un viaggio è particolarmente coinvolgente perché i luoghi non prescindono dalle persone. Il continente nero spaventa ed impietrisce, eppure non potrei definire il Senegal pericoloso, anzi, tutt'altro.
Ma non è semplice lasciarsi permeare dall’Africa, dai suoi ritmi lenti eppure costantemente caotici, dai suoi odori, dalla particolare concezione del tempo, dai suoi contrasti e dalla radicata gentilezza tipica di chi ha poco, e quel poco che ha desidera condividerlo.
Il Senegal grazie alle dimensioni ridotte può essere scoperto anche in appena 2 settimane, ma quali sono i luoghi imperdibili che questo Paese ci offre?
Saint Louis è la prima città coloniale dell’Africa nera. Rimasta intatta nel tempo ha su di me una presa enorme per la sua posizione di confine. E’ tanto a nord da essere quasi Mauritana ed è segno di un’Africa che è stata dominata per secoli e che ha dovuto scrollarsi di dosso il peso di una mancata indipendenza.
Allo stesso tempo rappresenta anche l'Africa nuova.
La città si affaccia alle porte del Sahel e contemporaneamente sulla foce del fiume Senegal, incanta per le sue vie colorate e la vitalità continua che coinvolge nella vita di pescatori e mercati delle stoffe.
Saint Louis è abbastanza distante dall’aeroporto di Dakar, quindi va considerata soprattutto come ottimo punto di partenza per le escursioni nel deserto o nel parco nazionale della Langue de Barbarie, luogo di riproduzione di uccelli marini e di alcune specie di tartarughe.
Bisogna andarci apposta ma credo che proprio la comprensione dell’estremo nord potrà aiutarci a capire la complessità dell'intero Paese.
Anche in Senegal, come altrove in Africa, si tende a proteggere l’unicità ambientale e la ricchezza di flora e fauna autoctoni istituendo parchi e riserve naturali. A nord, in zona di Saint Louis, si trova Djoudj, un’area ornitologica protetta in cui è possibile fare un viaggio dentro il viaggio, in piroga tra miriadi di uccelli migranti.
Bandia, invece, è la riserva dove fare il più desiderato e classico dei safari in cui non mancano zebre, rinoceronti, giraffe, impala, tartarughe di terra, coccodrilli, bufali e scimmiette.
La sua posizione vicina alla costa, e di passaggio da Dakar alla più marittima Petite Côte, rende facile l’accesso al parco e il cambiamento assoluto di panorama anche durante una vacanza al mare.
E', invece, necessario intraprendere il viaggio dei viaggi per visitare la Riserva di Ferlo nel Senegal centrale. Una perla difficile da raggiungere dove il deserto si fonde con la savana. Un luogo selvaggio sulla via per il Mali, cui vanno destinati almeno 5-7 giorni di viaggio considerate le distanze, i tempi dilatati del Senegal e la vastità del parco.
Altri sono i parchi di interesse per chi ama la natura e le biodiversità, per esempio il Niokolo-Koba in Casamance, la cui posizione remota lo preserva dall’intaccamento dell’uomo e la regione in cui è inserito va esplorata da backpacker a ritmo lento e sostenibile.
L’isoletta di Gorée con la sua Maison des Eclaves è entrata di diritto tra i patrimoni UNESCO. Certamente poco conosciuta, merita una visita affinché nulla, di ciò che è successo durante la terribile deportazione degli schiavi, venga dimenticato.
Gorée si raggiunge con il traghetto dal porto di Dakar. Dovrebbero esserci due traghetti che percorrono continuamente il tratto di mare che separa l’isola dalla terraferma, ma è sempre bene verificare.
Siamo in Africa e questo fa parte degli imprevisti del gioco. Coda infinita sotto il sole e una sola fontanella a garantire la mia sopravvivenza e quella dei miei compagni di avventura. Ma al porto anche una sorpresa: una connessione wifi libera per mandare un messaggio a casa dopo qualche giorno di viaggio. La magia dell’isola si percepisce già prima dell’attracco al pontile: è colorata e fiorita tutto l’anno.
L'isola ospita artisti, i Griò, che qui trascorrono giorni immersi nella loro creatività più spinta e si percepiscono vibrazioni vivaci e libere, a dispetto di ciò che questo luogo è stato.
E’ una vera e propria perla nell’Atlantico che ho vissuto intensamente a livello emotivo. Struggente la visita alla Casa degli Schiavi, da brivido di terrore l’affaccio all’Oceano da dove partivano le navi per le Americhe, e poi il ribaltone. La vita che si sviluppa tra i viottoli pedonali, la salita al colle più alto tra opere d’arte, musica, mercatini e la vista di Dakar al tramonto sono immagini indelebili. Il mio cuore ancora pulsa a riguardare le foto di quella magica giornata a Gorée.
Il suo vero nome è lago Retba, ma tutti lo conoscono per la sua caratteristica più audace: esso mostra le sue acque più o meno rosa durante i diversi periodi dell’anno e a seconda dell’intensità del sole.
Il curioso fenomeno naturale rende unica questa bellezza naturale e attorno ad essa si è sviluppato moderatamente del turismo. Lo si può raggiungere in giornata da Dakar, attraverso strade sterrate e polverose, oppure prenderla con calma e fermarsi a dormire in uno dei lodge lungo le sue rive.
Dal lago si estrae anche il sale ed è possibile assistere alla raccolta artigianale che si svolge quotidianamente per mezzo di piroghe e successivo smistamento manuale a riva.
Ricordo la lunga passeggiata lungo le sue sponde, l’incontro con i pochi venditori ambulanti di frutta e collanine, il mio fuggire dal bar-ristorante semi turistico per stile ma super turistico per i prezzi. L’orizzonte qui è fatto di dune che scendono fino alle acque del lago. Al di là delle dune l’Oceano Atlantico. L’avventura imperdibile? Arrivarci con i quad galleggiando sulla sabbia desertica; io non ho avuto il tempo di inserirla tra le mie esperienze, ma tornerò e non me la farò mancare per la seconda volta.
Questa area protetta è tanto vasta quanto affascinante. Ci si arriva in auto quasi senza accorgersi del cambiamento del paesaggio.
Si percorre una lunga strada tra piccoli villaggi di capanne tradizionali e ampie zone disabitate e poi si sbuca lì, a Kaolack. La navigazione in piroga parte da qui e in tutta la sua lentezza permette di cogliere i più piccoli movimenti della fauna locale, di ammirare il paesaggio lussureggiante completamente intatto e silenzioso, di incrociare pescatori, osservare i fenicotteri, camminare con i piedi ammollo nella palude, infilarsi nelle mangrovie. L’esplorazione può durare ore e mai stanca la vista.
Il battito rallenta e si infila nell’equilibrio perfetto, sicuramente rappacificante, di questa terra armoniosa.
Questa escursione va sicuramente organizzata con una guida locale, intanto perché guidare in Senegal è una sfida alla sicurezza e poi perché solo un locale sa raccontare della vita, degli usi, dei costumi, dello scambio natura-uomo al Delta del Saloum. La natura è vita e permette la vita donando all’uomo i suoi prodotti che qui possono essere acquistati nel mercato locale: marmellate di mango, creme burrose, frutti essiccati, polpa di baobab e di canna, coquillage.
Questa è una gita fuori porta davvero carina. Nella coppia inscindibile di cittadine, Joal-Fadiouth, non ci sono accoglienze dove fermarsi per la notte, se non presso le famiglie locali. Si tratta però di un mondo a parte dal quale lasciarsi meravigliare.
Da Joal si lascia la costa in piroga, si naviga il tratto di palude guidati da un timoniere-pagaiatore dai movimenti simili a quelli dei gondolieri veneziani, un po' più incerta e meno sicura visto che la piroga accanto alla mia è finita nella mangrovie.
C’est pas grave direbbero i senegalesi. E infatti non è cosa grave, nessuno si è ribaltato e l'approdo successivo si è fatto a Fadiouth, l’isola delle conchiglie.
Qui gli abitanti per guadagnare terreno e rubarlo al mare ampliano l’isola ammassando quantità di conchiglie inimmaginabili. Così fanno anche per la zona destinata al cimitero musulmano e cristiano. Un cimitero condiviso in cui ogni fede trova una propria collocazione, ma sempre l’una accanto all’altra in un viaggio fraterno e parallelo.
Altra cosa interessante di Fadiouth sono i granai su palafitta. Questo è un luogo molto umido e solo con questa tecnica i cereali possono essere fatti essiccare in modo appropriato.
A pochi chilometri di distanza e raggiungibile nella stessa giornata con un’auto, si erge il maestoso Baobab sacro. Dopo aver percorso una strada di terra rossa, distese di baobab più piccoli e campi, si arriva a lui: l’albero gigante.
La sua pancia ha una spaccatura tanto grande da potervi entrare. E’ l’albero della vita per gli africani e io, da là dentro, mi sono sentita un embrione che assorbiva linfa vitale dalla pancia e saggezza dalla corteccia rugosa.
La costa senegalese è lunghissima e l’affaccio sull’Oceano Atlantico regala tramonti sul mare indimenticabili. Le lunghe spiagge sabbiose sono libere e la sera, sul calar del sole, si popolano di giovani intenti ad allenare il fisico aitante con dure sessioni di corsa, addominali, balzi, combattimento.
La lotta è lo sport nazionale e quasi tutti i ragazzi ci tengono a essere ben allenati e a dare sfogo alla propria vanità.
Al variare delle latitudini varia anche l’offerta di attività: a nord di Dakar è possibile praticare surf, in Casamance si trovano i resort più famosi, a Saly lungo la Petite Côte ci sono villaggi con bungalow privati e servizi occidentali, a Palmarin si trovano gli eco-lodge sulla spiaggia, a Malika la sabbia indomata di casa mia.
Il Senegal è in questo la nuova frontiera turistica, primi sono stati certamente i francesi a riconoscerne i tesori e a lasciarvi un piede sul territorio a una media distanza da casa.
Non avevo mai considerato il Senegal quale stato di passaggio nel cambiamento dei paesaggi naturali: a nord è ancora deserto del Sahel mentre a sud è grandi fiumi e foreste equatoriali, passando per la savana, eppure qui esiste un luogo speciale.
Il deserto è poco distante da Saint Louis ed è chiamato il piccolo deserto di Loumpoul, sul cordone di dune parallele alla grande costa.
Bivacco notturno, cielo stellato, danze e cibo preparato qui hanno un fascino berbero e rapiscono l’anima. Festeggiarvi un capodanno o un ferragosto deve essere magico.
Il deserto si fa ricordare fino alla periferia est di Dakar, dove le strade sono fatte di sabbia e la terra è ancora una sostanza pressoché sconosciuta.
A sud di Dakar invece tutto cambia e si fa spazio la savana. Ed il Sahara improvvisamente si trasforma.
Questo luogo di culto ha un grosso valore per tutto il mondo musulmano dell’Africa nera.
La Grande Moschea in marmo bianco è simbolo di un culto religioso radicato nella maggior parte della popolazione senegalese e sapientemente, oltre che tradizionalmente, tollerato dai cristiani residenti nel Paese.
Vi si arriva attraversando tipici villaggi di etnia wolof e serère. La vita delle popolazioni locali, perfettamente integrata con lo svolgersi delle giornate secondo il ritmo della natura, può essere osservata pianificando soste durante il viaggio. A Touba, città santa, ciò che colpisce sono i decori della Moschea e la numerosità dei ricchi tappeti utilizzati nelle sale di preghiera in contrasto imbarazzante con i villaggi che stanno lì intorno.
Mercati di frutta, mercati di stoffe, mercati del pesce, caotici simil-souk poverissimi. Colorati i primi, con i banchetti in legno spesso appena abbozzati e instabili. Talvolta spogli di frutta e verdura quando il proprietario ha raccolto poco dai propri campi. Ma sempre animati da gruppi di persone che chiacchierano, sorridono, e schiamazzano, ma anche da bambini, i figli, i nipoti, gli amichetti. In Africa si è sempre membro di una grande famiglia.
Nei mercati di stoffe c’è da perdersi, la mia preferita è la stoffa di cotone grezzo, ruvida e dalle lavorazioni grosse, in genere nei toni dei beige, dei marroni, dei neri. Quelle stoffe sono resistenti e si usano a terra, per coprire pavimenti che spesso non ci sono, oppure sui letti o per sdraiarsi al suolo nel pisolino pomeridiano.
I souk sono spesso soffocanti perché coperti da teloni e lamiere a un paio di metri di altezza. Gli odori sono forti e misti, dalle spezie al pesce, dalla frutta alla carne. Tutto all’aria aperta ovviamente. Poi ci sono i negozietti di perline, di stoffe per i vestiti, di accessori per ornare i capelli, di trucchi, parrucche e quant’altro. Qui la vita si svolge ogni giorno con regolarità, in un caos africano che si racconta da solo e va assolutamente conosciuto.
Non è un luogo, in effetti, ma è ciò che rende il Senegal ed i Senagalesi, famosi in tutto il mondo. Non ci si può scappare e, talmente tanto costante e diffusa, si materializza così da diventare una compagna di viaggio.
La musica di strada è ritmata dal tamburellare delle dita di giovani, e meno giovani, sulla pelle tirata del djembé accompagna ogni attività. La musica fa danzare e non è così per dire. Fa danzare anche me che non ci sono per nulla portata.
La musica tiene il ritmo acceso e se mancano gli strumenti veri allora si può usare un secchio rovesciato, un catino di plastica colorata, una pentola, una tavoletta di legno e qualunque altra cosa consenta di produrre un suono. Alla musica si aggiungono spesso i canti, che non posso che ricordare intonando ogni tanto la melanconica Fatou Yo, conosciuta in tutto il Senegal, e spesso lasciapassare con la gente del posto.
L’ho cantata a Dakar, alla scuola di Yeumbeul Sud, sul carrapide, a Saly, con il sindaco di un villaggio di pescatori vicino a Mbour.
La musica è anche quella dei bar, dei rasta fahri, delle nuove discoteche di Dakar, delle donne che danzano la domenica pomeriggio riunite secondo tradizioni centenarie.
Il Senegal ha rappresentato un'importante esperienza di volontariato presso una delle scuole di Bene Baraque, alla periferia est di Dakar, gestita da Oltre I Confini Onlus di Milano e stabilite grazie alla Fondazione Meoni e a Marco, il motociclista suo fondatore tragicamente scomparso durante una Parigi-Dakar. Da questa esperienza profondamente vera è nato il legame che sento per questa terra e il suo popolo, l'affetto e gli sguardi occhi negli occhi con chi mi ha circondato per settimane sono intoccabili.
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