Descrivere Bangkok a chi non l’ha mai vista non è cosa facile, definirla metropoli è molto riduttivo, conta più di 10.000.000 di abitanti, in nessun’altra città si riesce a percepire la differenza tra chi ha tutto e chi non ha niente, il contrasto è palpabile presente e costante, quasi fisico, si nota ovunque, nel traffico, nei bus, nelle vie, mangiando, spostandosi, anche se, la condizione ed il contatto con la parte povera dei suoi abitanti non è drammatico come si può vedere altrove, come se qui la miseria avesse una sua chiara e riconosciuta dignità, tranne alcuni casi nessuno è emarginato o invisibile.
A Bangkok la ricchezza di un uomo si può misurare dall’altezza da terra dove vive.
In battello lungo il Chao Praya river, il contrasto tra i lussuosi alberghi e le miserissime catapecchie sulla riva è disarmante.
Il tutto ed il niente nello stesso spazio, respirano la stessa aria, quello che un uomo d’affari può spendere ad un pranzo di lavoro su di una terrazza con vista sulla city, cento metri più in basso, in una casa gonfia di umidità, la stessa cifra, una famiglia la spende per vivere in quattro o cinque mesi.
Ma per vedere al meglio gli estremi di questa grande capitale asiatica bisogna osservarla con calma, percorrere le sue vie, magari a piedi e senza fretta, solo così ci si può imbattere in scene e personaggi da girone dell’inferno dantesco, mendicanti e disabili che elemosinano il bat in modi a dir poco allucinanti, gente che vive sul gradino più basso di una nazione dove il reddito pro capite è di circa 1000 € l’anno.
Solo camminando per le sue strade, viuzze e vicoli si possono vedere i suoi demoni, le sue anime dannate, quelle che il suo veloce sviluppo ha lasciato dietro di sé, quelli che io chiamo i “fantasmi”. Si muovono lenti in mezzo al traffico, in mezzo ai turisti, sembrano appartenere ad un mondo diverso, quasi fossero alieni, sono diversi da tutti e da tutto, si notano perché hanno un colore, una patina che li ricopre e li distingue, capelli, mani, vestiti e le cose che si portano appresso, hanno la stessa tinta, sbucano all’improvviso da dietro un angolo ed altrettanto all’improvviso spariscono. Di giorno è possibile vederli, ma la notte,chissà dove dormono, dove vivono.
Li guardi negli occhi e vedi l’abisso, fatto di miseria, fame, paura, buio. Oggi ne ho incontrati due di questi “fantasmi”, il primo mi è apparso davanti in un attimo, stavo guardando una vetrina di un negozio, nei pressi del King Palace, quando me lo sono trovato di fronte, camminava davanti a me, nel caos di mezzogiorno, ma dal suo intercedere, dava l’impressione di un uomo che cammina in un luogo remoto, isolato, sembrava non vedere, ne udire ciò che gli stava attorno, il suo volto scavato e segnato da rughe profonde non tradiva alcuna emozione, il suo colore era marrone, marrone i suoi capelli, marrone i suoi vestiti le sue mani e il suo fardello, impossibile darle un’età, lo ho osservato mentre spariva tra la gente.
Il secondo lo incontro più tardi, vicino Khao San road, è fermo su di un marciapiede che aspetta, chissà cosa, ha con sé un carrello carico di un bagaglio fatto di borse, borsini, sacchi, costui è grigio. Credo il loro colore dipenda da dove vivono, dalla zona dove trascorrono le notti, dove si coricano per dormire.
Ha lunghi capelli arruffati opachi per la polvere, magrissimo porta buffamente due paia di occhiali da vista, gli uni sopra gli altri, le lenti sembrano smerigliate da quanto sono sporche, quando gli passo accanto, sorridendomi mi chiede dove vado, gli rispondo che sto tornando a casa, in Italia, mi saluta mentre mi allontano e la folla che attraversa la strada me lo nasconde alla vista.
Con la mente torno indietro al 2006 quando camminando senza meta proprio qui a Bangkok, incontrai il più impressionante di questi “fantasmi”.
M trovavo in un’affollatissima strada, seguivo il flusso della ressa quando ad un tratto, le persone davanti a me si separarono creando un vuoto tra la folla.
Abbassai lo sguardo e davanti ai miei piedi vidi un uomo senza gambe che strisciava, rimasi pietrificato, con una mano spingeva in avanti un piattino per le elemosine, mentre con l’altro braccio si trascinava avanti.
Il suo volto era a pochi centimetri da terra ed intorno a lui solo i piedi di centinaia di persone, mi sembrava impossibile che potesse anche solo respirare da quella posizione, scomparve ai miei occhi così com’era apparso, strisciandosi.
Chissà dov’è ora.
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ho letto il tuo racconto su EF, ora sono io con le lacrime agli occhi, quello che hai fatto è immenso...
Stefano... sei una persona credo speciale e di sicuro dall'animo generoso e credo tu possa capire che quello che ho fatto non è niente... meno di una goccia nell'oceano! Tante volte sono preso dallo sconforto e, per quanto ami la Thailandia, ne odi cento aspetti che chi arriva qui per godere di mare e spiagge non capirà mai!
Non capita spesso che un "turista" (senza offesa per chi magari preferisce chiamarsi viaggiatore) veda i "fantasmi". Mi sono commosso nel leggere questo brano perchè io i fantasmi li vedo tutti i giorni e vorrei fare di più ma come? Ce ne sono tanti, spesso non desiderosi di cambiare quello che per loro -forse nei fumi della colla- è un modo normale di vivere la quotidianità.
Il mio fantasma si chiama Ef
turista o viaggiatore poco importa, l'importante è osservare,
mi fa piacere che il pezzo ti abbia colpito, anche perchè a quand'ero a Bangkok credevo di vederli solo io i "fantasmi"