Aveva cominciato a piovere alle 5 del mattino.
Lo scroscio dell’acqua e il vento mi avevano svegliata. Devono essere le 5 del mattino, tutti dormono ed è ancora buio quindi torno a dormire anche io.
Ma quel rumore incessante non mi lascia riposare così che alle 7,30 mi sveglio e ancora assonnacchiata mi dirigo verso la sala colazione dove trovo tutti seduti.
Il tempo mette paura. Per passare dalla stanza dormitorio alla sala colazione c’è un metro e mezzo non coperto dal tetto, facendo due passi arrivo tutta bagnata.
Il vento sembra portare via tutto. Anche il palo dove si attacca la rete da pallavolo è completamente piegato.
Mi dicono che pare che ci sia un ciclone che si sta dirigendo verso sud ma che al momento la situazione è sotto controllo quindi di non preoccuparmi.
Facciamo colazione e il tempo non sembra volere migliorare.
Arriva il primo “warning”.
Ci invitano a fare i bagagli e metterli in posti alti nelle camere e ci spiegano cosa fare nel caso in cui il ciclone arrivi.
Mi sembra un film. Tutti corriamo in camera e mettiamo le nostre valigie a riparo.
La milionaria neo zelandese che è scampata allo Tzunami in Indonesia racconta come ha vissuto anche quel disastro, buttandoci ancora più nel panico.
Il mio primo pensiero va ai miei genitori che non sanno neanche su che isola sono.
E penso a quando la mamma mi diceva di avvertire il ministero degli esteri indicando man mano che mi spostavo dove fossi.
In caso di calamità, diceva.
Non l’ho mai fatto e rido pensando a quanto sia sciocca a continuare a non ascoltare i suoi consigli.
Il secondo pensiero va al mio computer. Non lo abbandono su un letto. Poco importa quanto alto. Se l’acqua arriva butterebbe giù tutto quindi finirebbe in malo modo comunque. Lo sigillo in 3 buste di plastica e lo metto nella borsa dove ho anche bottiglie di acqua e dei biscotti.
Il tempo va peggiorando e sebbene il ciclone non sia proprio in direzione Mana quest’isola si trova comunque in zona ciclonica, da questo il forte vento e la forte pioggia e il rischio che cambi direzione c’è.
Il mare sembra pulirsi, l’azzurro brillante diventa un azzurro cupo, poco allegro, non si vede da lì a 30 metri. Parlando del più e del meno tutti aspettiamo di sapere sull’evoluzione e su come comportarci.
Il cellulare è scarico e dall’altro lato non vedo il motivo di mettere in agitazione i miei.
Nel mentre arriva un altro warning, le cose potrebbero peggiorare.
Ci danno indicazione sul dove rifugiarci nel caso in cui il ciclone passi sull’isola.
Una piccola sala computer riparata dagli altri edifici, mi spiegano che così nel caso in cui il ciclone passi siamo più a sicuro che nelle nostre camere, oltre al fatto che non c’è niente e quindi nulla dovrebbe caderci addosso. La spiegazione per quanto sensata mi spaventa ancora di più e così anche chi con me.
Dopo ore arriva la notizia che siamo fuori pericolo. Ci guardiamo in faccia e sorridiamo…ma l’adrenalina del momento ha stancato tutti.
C’è chi gioca a dadi, chi a carte, chi guarda Castaway, io mi ritiro in camera perché voglio dormire ora che so che tutto è ok, come me tanti altri.
Tutto sembrava tornato alla normalità, invece le cose sono andate peggiorando nei giorni successivi.
I cicloni sono diventati 3. Da Nadi abbiamo saputo che le strade sono state distrutte e io sono rimasta bloccata sull’isola perdendo un volo aereo e a volte anche la pazienza.
Non c’erano mezzi di trasporto, nessuna barca si avventurava in mare, l’isola principale era allagata, non c'era elettricità, nè acqua corrente e i voli sono tutti sospesi.
Per la prima volta ho avuto un po’ di paura. Un’isola nel mezzo del niente, vento, pioggia, nessun mezzo di trasporto e la sensazione di sentirmi prigioniera. Chiamavo l’isola Alcatraz o Casa del Grande Fratello. La prossima volta controllo il meteo più accuratamente e avverto la Farnesina.
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