Il viaggio nei Balcani è cominciato un pò per caso.
A Lubiana ho deciso di proseguire per qualche mese fino ad arrivare ad Istanbul.
E' cominciata una certosina cernita di libri che potessero spiegarmi la questione nei Balcani e mi aiutassero a sapere di più su una parte di storia contemporanea che, onestamente, disconoscevo.
Non mi soffermo ad indicare guide o libri sulle bellezze naturali, ma piuttosto mi soffermo su libri che, quando romanzati quando giornalistici, raccontano la guerra dei 4 anni che ha portato fino al terribile epilogo del genocidio di Srebrenica, in Bosnia.
Affrontare un viaggio nei Balcani senza avere ben chiaro cosa sia accaduto, e come, vorrebbe dire togliere buona parte di fondamenta ad un viaggio che altrimenti sarebbe vissuto a metà.
I Balcani di oggi sono il risultato dello sgretolamento della Jugoslavia, della rivalsa dei Nazionalismi, del sogno della Grande Serbia a costo di fucilare tra le 8000 e le 10.000 persone in 3 giorni, dell'assedio della capitale della Bosnia e di quella che è stata definita una guerra civile che invece è stata chiaramente una guerra politica.
Nessuno dei libri menzionati è divertente o spassoso. Nessuno racconta, forse Venuto al Mondo in qualche modo lo fa, la bellezza delle città o dei luoghi, tutti sono invece crudi, dolorosi ed appassionanti.
Non si tratta di una classifica perchè li consiglio tutti e 4, ognuno, da punti di vista differenti e con stili profondamente diversi, aiuterà a farsi una idea sulla guerra nei Balcani senza risparmiare commenti sulle nostre responsabilità come la nostra indifferenza, il ruolo della propaganda e della manipolazione dei media nel mobilitare le masse fino alla finale sgretolazione ed assedio della Gerusalemme d'Occidente, in cui nessuno avrebbe mai potuto credere che una guerra sarebbe potuta accadere. Non a Sarajevo. Non per le differenti etnie.
Una mattina Gemma sale su un aereo, trascinandosi dietro il figlio Pietro che ha sedici anni. La destinazione è Sarajevo, città-confine tra Occidente e Oriente, ferita da un passato ancora vicino.
Ad attenderla all'aeroporto li attende Gojko, poeta bosniaco, amico, fratello, amore mancato, che ai tempi festosi delle Olimpiadi invernali del 1984 traghettò Gemma verso l'amore della sua vita, Diego, il fotografo di pozzanghere. Il romanzo racconta la storia di questo amore, una storia di ragazzi farneticanti che si rincontrano oggi invecchiati in un dopoguerra recente.
La Mazantini racconta una storia d'amore appassionata ed imperfetta come gli amori veri, una maternità cercata, negata, risarcita.
Il cammino misterioso di una nascita che fa piazza pulita della scienza, della biologia, e si addentra nella placenta preistorica di una guerra che mentre uccide procrea.
Un romanzo che racconta la pace e la guerra, l'odio e l'amore.
La pace è l'aridità fumosa di un Occidente flaccido di egoismi, perso nella salamoia del benessere.
L'assedio di Sarajevo diventa l'assedio di ogni personaggio di questa storia. Un romanzo-mondo, di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematico come una parabola.
Tanto la verità è troppo evidente, troppo stupida, e tutti vogliono sentirsi intelligenti....l'Est ha il suo stereotipo, la sua puzza. - M. Mazzantini
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A Srebrenica l'unico modo per restare innocenti era morire. Questa storia racconta di un ventenne costretto a combattere una guerra voluta da un'altra generazione e messo davanti a decisioni che nella loro eccezionalità mostrano a nudo l'animo umano come in un antico dramma greco. La rievocazione del massacro e del successivo processo presso il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è affidata a tre voci che si alternano in una partitura ben scandita.
La prima figura che si delinea è quella del magistrato spagnolo Romeo González, che rievoca lo svolgersi del processo, evidenziando le motivazioni non sempre etiche e limpide che determinano una sentenza.
Al giudice si affiancano le voci di Dirk, casco blu olandese di stanza a Srebrenica, rappresentante del contingente Onu colpevole di non avere impedito la strage, e quella del soldato serbo-croato Drazen Erdemovic, vero protagonista della storia, volontario nell'esercito serbo, che fu l'unico a confessare di avere partecipato al massacro, l'unico processato e condannato.
Non stanno svuotando Srebrenica, ne stanno cancellando l'esistenza. ci stanno portando tutti gli uomini, vogliono cancellarne la stirpe, vogliono ucciderne il futuro, siamo gli Erode di una nazione, non ci sarà mai più una Srebrenica musulmana. M. Magini
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Tutto comincia da un video visto su youtube, una famiglia unita e felice, un padre affettuoso che ha cresciuto con amore la sua bambina, la sua prediletta, una ragazza seria e di talento con un futuro brillante davanti a sé e prossima a diventare medico con il chiaro obiettivo di servire la sua nazione: la Serbia.
Ana è ignara che quell’uomo, padre eroe e che adora, è considerato il «Boia dei Balcani» e quando lo scopre non riuscirà a sostenerne il peso.
Nel libro si romanza la storia di Ana Mladic, la figlia del Boia di Srebrenica e la dolorosa accettazione e scoperta della figura paterna, per lei eroe, che ad un anno dalla sua morte porterà a termine il genocidio di Srebrenica. Un libro eccellente e delicato che racconta la difficoltà di Ana a reggere il peso insopportabile degli orrori commessi dal padre trovando come unica via di uscita la morte.
Realtà storica e fiction si fondono in modo impeccabile, ricostruendo una pagina di storia drammatica della storia dei Balcani.
Nella folla l'individuo perde i connotati, sbiadisce, è uno dei tanti e perciò le sue azioni non sono sue, ma della massa. C. Huson
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Paolo Rumiz, giornalista di frontiera ed esperto di Balcani, in questo testo offre un complesso reportage che svelare i veri meccanismi della guerra balcanica al di là dei fraintendimenti e le mistificazioni.
"La guerra mette a nudo la verità degli uomini e insieme la deforma. Ci sono tanti aspetti di questa verità; uno di essi è la cecità generale - cecità delle vittime, degli spettatori (i servizi d'informazione occidentale, oscillanti tra esasperazione, ignoranza o rimozione dell'orrore e fra cinismo e sentimentalismo) e della "grande politica", che nel libro di Rumiz fa una figura grottesca." (Claudio Magris).
Aggiornato e con nuova introduzione, un libro da leggere e a cui dedicare tempo per comprendere le dinamiche della guerra, dei nazionalismi e del potere dei mass media.
Quella a cui assistiamo a Belgrado dalla fine degli anni ottanta è disinformazione pre-bellica..c'è dunque un solo modo per costruire la guerra in modo legittimo e credibile: far sì che il futuro aggressore si ritenga aggredito. P. Rumiz
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Vorrei invitarvi a visitare Belgrado e Zemun.
Uno dei libri che in una luce diversa mostra Sarajevo e libro Jelena 1993 - Mile Kordic. Non so se è stato tradotto in italiano, ma è estremamente difficile e amaro. La storia è visto da una diversa angolazione.
Wow Giulia, questo post è meraviglioso. Libri e luoghi, libri e cose da fare, libri e passioni sono binomi arricchenti e funzionanti. So che se dovessi leggere uno di questi libri mi ritroverei in quei posti durante la lettura e probabilmente anche poco dopo, fisicamente, per vedere l'oggi.
Sono bellissimi quanto diversi tutti e 4. Spero un giorno possa tu andare nei Balcani e con questi libri saprai come affrontare questo viaggio super eccitante!
Davvero interessanti i Balcani, così vicini all'Italia ma così poco conosciuti.
Sarajevo per me é davvero dove l'Oriente incontra l'Occidente molti km prima di Istanbul.
E da lì ti consiglio di andare in treno a Mostar un posto magico con il ponte simbolo di una guerra assurda e inutile.
Buon viaggio!
Ciao Daniele, sono stata a Mostar prima di andare a Sarajevo e diciamo che proprio "magica" non l'ho trovata, anzi come luogo mi ha piuttosto inquietata, a un secondo sguardo. Il primo giorno l'ho trovata deliziosa, poi man mano che mettevo assieme i pezzi del puzzle la città si è spogliata di bellezza e mi è rimasto un sentimento triste.
Credo ovviamente che sia un luogo simbolo della guerra nei balcani e credo anche che, con Srebrenica che è altrettanto inquietante, abbia vissuto una guerra ancora più differente da quella di Sarajevo.
Perchè se qui i Serbi hanno assediato la città e i cittadini erano praticamenti nella morsa dell'esercito (esercito Vs civili chiusi in una morsa invalicabile, ed infatti venne costruito il tunnel), nel caso di Mostar la città si è spaccata in due e, oggi o forse soprattutto oggi, questa spaccatura si respira e si tocca con mano, gli uni erano contro gli altri, gli un tempo vicini di casa si uccidevano tra loro.
A Sarajevo il fronte era uno, la città, contro chi assediava, i serbi.
A Mostar la cosa era differente, e forse è questo aspetto che rende la città più triste per me. Ma sto elaborando queste settimane qui e approfondendo un pò la questione prima di mettere nero su bianco le mie conclusioni.
ciao!