Ho impiegato 7 anni per decidere di viaggiare in India.
Il motivo di questa lunga attesa è semplice. Da quanto mi veniva raccontato, o quello che leggevo, non rappresentava la destinazione che faceva al caso mio.
La sua "tantitudine" in particolare mi terrorizzava. Soffro di attacchi di panico quando compressa tra la folla e che ho smesso di prendere le metropolitane in orari di punta o non riesco ad andare a concerti o raduni nelle piazze, nella mia testa avevo assegnato all'India il primato di Paese che non sarei mai riuscita ad affrontare.
La povertà, poi, forse mi spaventava ancora più della folla. A volte è più facile chiudere gli occhi e far finta che qualcosa non esista per sentirsi con la coscienza a posto.
O almeno così credevo e così ho fatto per tanto tempo. Alcune cose preferivo non vederle. E nell'ignoranza, a volte, si vive meglio.
Rimando la destinazione India a mesi, che poi sono diventati anni, a venire. Allontano la possibilità di poter un giorno viaggiarci, dimenticandola.
Nel mentre anni di viaggi ci separano separano me dal subcontinente che cade completamente nell'oblio.
Vado in Africa invece.
Proprio in Africa accade che mi scontro con le mie paure, quelle che credevo fossero squisitamente indiane, ovvero quelle che fino a quel momento avevo volontariamente tenuto ben lontane da me: folla, povertà, il troppo di tutto che non riesco a sopportare e a digerire. Almeno per le prime due settimane.
Ho fatto la prima esperienza indiana ad Addis Abeba, e l'ho fatta senza sapere esattamente cosa sarebbe accaduto. Ma ormai ero e li e non potevo più tornare indietro, eppure avrei voluto scappare.
Inizia quindi ad Addis Abeba, esattamente in Ottobre 2015, ad aleggiare nella mia testa la possibilità che forse l'India potrebbe essere, a differenza di quanto avessi creduto fino ad allora, un Paese di mio interesse. Cosa mai potrebbe esser peggio di quanto visto e vissuto il giorno che ho messo piede ad Addis?
Dal totale rifiuto, durato 5 anni, ne ho impiegati altri 2 per decidermi a venire, e memore dell'impatto con l'
Etiopia sapevo che avrei dovuto prendere la decisione solo quando totalmente convinta. Sapevo benissimo che un viaggio in India non è uno di quelli da prendere sottogamba.
Dal 25 Dicembre 2016 sono in questo enorme Paese asiatico che mi accoglie tra nebbia fittissima ed un freddo inaspettato.
Mi sento a mio agio e sono felice di capire che quello che credevo avrebbe contribuito a fare di questo viaggio una sorta di incubo o viaggio di sopravvivenza invece si sia risolto nel diventare un viaggio piacevole e colorato, rumoroso e caotico.
Dell'India si dice che la si odia, oppure che la sia ama, oppure, cosa piuttosto frequente, che la si odi (in genere mentre sei qui) e poi la si ami (quando vai via).
Non riuscendo a provare sentimento di odio, visti ormai i miei standards piuttosto bassi e con non molte aspettative, mi sono chiesta da cosa possa derivare tale affermazione.
Ho aperto gli occhi e cominciato a pensare come una persona che non ha mai davvero camminato tra montagne di spazzatura o circondata da persone che chiedono soldi, che non si è mai trovata ad affrontare una cultura tanto rigida, quando a volte incomprensibile.
I motivi per odiarla ci sono, ma ci sono anche i motivi per amarla.
Di sicuro, questo Paese non lascia indifferenti, comunque qualche sentimento lo suscita. Ci piaccia. Oppure no.
Una nota
L'India è grandissima e credere di riassumerla in questo post è pretenzioso. Basti pensare che una volta lasciato il nord, in cui altre religioni sono più diffuse gli animali per le strade diminuiscono sensibilmente e anche la sporcizia.
Mi limito quindi a parlare della mia esperienza, di circa 3 mesi, ad ampio spettro senza voler riassumente un paese tanto grande quanto complesso ma mi sento in obbligo di anticipare che non tutta l'India stanca come invece, molto probabilmente, fa la sua parte centrale, Rajasthan e Uttar Pradesh giusto per intenderci, che in qualche modo rappresentano l'India più turistica. Non posso assolutamente dire che quanto menzionato nella sezione TI ODIO possa estendersi a tutti gli Stati del Paese, che, tra l'altro, non conosco.
Credo di non essere mai stata in un Paese tanto sporco quanto l'India. Tutto è sporco, me inclusa, nonostante le docce e le varie lavanderie frequenti.
Ma cominciamo con l'onnipresente spazzatura, che è ad ogni angolo, con la stessa frequenza con cui ci sono: mucche, cinghiali, cani randagi. Sono dovunque e si destreggiano lentamente tra il traffico che impassibile caratterizza tutte le città (grandi e meno grandi).
Le cose si aggravano quando gli animali si aggirano per le strade e mangiano quella stessa sporcizia, mucche e maiali che rovistano in cumuli di spazzatura, odore di urina, non è infrequenti adocchiare bambini o adulti impegnati in atti di defecazione a bordo strada o lungo i canali di scolo nel centro cittadino. Ci si farà l'abitudine, e anche l'olfatto a quel punto farà di odori insopportabili brezze quasi accettabili.
Ovviamente in un Paese in cui convivono quasi 2 miliardi di abitanti ed in cui moto e tuk tuk non hanno gli specchietti, perchè avrebbero comunque vita breve, il clacson è LO STRUMENTO di comunicazione nelle strade più trafficate della terra.
I camion invitano a suonarlo prima di sorpassare con un messaggio chiaro che non lascia spazio ai fraintendimenti: HORN PLEASE (suona il clacson per favore).
Una volta ho anche visto un motorino che al girare la chiave di accensione il clacson partiva immediatamente, da fermo.
Serve quindi per avvertire macchine/tuktuk/riscio/auto/mucche ed animali vari che stanno comunque in mezzo alla strada. Hanno il loro motivo di esistere e per quanto lo abbia accettato di buon grado il primo mese, al secondo, pur riconoscendone l'utilità, il solo rumore mi agitava.
La nota positiva è che verso le 10 di sera le città diventano più silenziose. Sempre che non ci sia qualche matrimonio e allora a quell'ora i festeggiamenti con carretto con DJ e musica ad alto volume fa il giro delle vie della città fino a notte fonda.
In India si contratta tutto, ma se c'è un'arte che bisogna affinare allora è quella, della pazienza in primo luogo, della contrattazione con gli autisti di tuk-tuk come seconda.
Se una corsa costa 70 rupie molto probabilmente chiederanno 150 o anche 250.
Se un tuk tuk condiviso costa 10, il turista paga almeno 20.
Adesso, qui non si tratta di sfruttare un Paese che ha i già i suoi problemi ed in cui è dura andare avanti, ma si tratta di pagare il giusto prezzo per un servizio che, per l'appunto, ha quel prezzo. Non si tratta di voler pagare meno se non il giusto.
Non mi sono mai lamentata per quelle 30 rupie in più, ma mi sono lamentata per quelle 200, o anche 500 rupie chieste in più di quanto avrei dovuto pagare (e su cui ci si era concordati. Ricorda sempre di concordare prima di salire sul tuk-tuk).
Quindi la cosa funziona così. Arrivi in un posto, stazioni di bus e treni rappresentano i momenti epici, verrai circondato da decine di persone, c'è chi ti attende ai vagoni e ti seguirà fino lo spiazzale, facendoti diventare una sua tacita proprietà personale, e ti dirà quanto costa il tuk tuk.
A volte anche prima di sapere dove devi andare.
Come ovviare questo che capita soprattutto quando arrivi in un posto nuovo? Semplicemente chiedendo all'hotel riservato (ormai in India si può riservare qualsiasi tipo di sistemazione online) quanto devi pagare al massimo, e proponi il tuo prezzo, che sarà quasi sicuramente almeno la metà di quanto verrà chiesto. Se non accettata si alzano i tacchi e si va via. 3, 2 1. Sei adesso su quel tuk tuk verso destinazione.
Sono praticamente dovunque, in alcune città per esempio Agra e Varanasi, ti assilleranno. "Barca? Barca?" oppure "tuk-tuk tuk-tuk" o ancora "guarda il negozio di argento" e poi c'è quello di abiti (che alla fine sono sempre uguali) e via dicendo.
Come evitare questi spiacevoli fastidi? Facendo qualcosa che all'inizio ci sembrerà brutto fare ma che funziona, garantito. Non rispondere e tirare dritto.
Sarà che sono due milioni di persone, sarà che sono abituati a convivere tutti assieme e con il rumore, ma quello che manca in India è la totale assenza di privacy, gli sguardi che indagano con una imbarazzante curiosità, a volte ho creduto insistente malizia.
La gente ti circonda guardando ma senza dire una parola, occhi addosso senza però capirne il senso, rumore a prescindere dall'orario.
Mi riferisco anche a chi lavora negli hotels o di clienti indiani che essendo abituati al rumore non reputano una mancanza di gentilezza lo schiamazzare alle 4 del mattino preparandosi per andare in pellegrinaggio. Alla lunga questo è stato probabilmente quello che mi ha prosciugato le energie.
Degli inglesi ho qualcosa, l'amore per le file ed il rispetto di queste. Le amo, davvero. La fila rappresenta un atto di grande rispetto e ho sempre sofferto, anche alla posta o quando attendo i bus o i treni (in Italia), quando queste non vengono rispettate. Mi sento presa in giro.
Amici, in India si diventa dei guerrieri e si lotta per mantenere il proprio posto. Queste non esistono, si sgomita, ci si passa l'uno davanti gli altri, ci si intrufola per avere il posto.
Hai presente la fila ryanair all'aeroporto di Catania quando si comincia tutti in fila, giusto alcuni anzi, e poi all'apertura Gate arrivano dalla destra e dalla sinistra? In India sarà peggio, con l'aggravante che anche se richiami la persona la risposta sarà una grandiosa risata, che ovviamente non aiuterà la pazienza.
Tanti erano i pregiudizi con cui mi sono approcciata all'India, ero stata informata sul cosa fare e cosa non fare e sapevo benissimo che fondamentalmente dovevo lavorare molto sul mio modo di approcciarmi alla gente. Non più sbalzi di affetto ma pacata gentilezza, non più contatto fisico ma rispettosa distanza.
Mi ci è voluto poco però per creare una sorprendente rete di affetti in quasi tutti i luoghi in cui sono stata. Anche i tanto odiati tuk tuk driver sono diventati amici, al punto tale da decidere di rimanere più a lungo in luogo per godermi la loro compagnia più che per il luogo in sè (in foto i miei cari amici Sunil e Nandi che mi hanno permesso di guidare il loro tuk tuk e con cui per un pomeriggio abbiamo dato passaggi gratis a chi ne aveva bisogno).
Non si è trattato solo di affetto, ma se non fosse stato per questa costellazione di belle anime che il destino ha voluto incrociassi, probabilmente oggi dell'India saprei ancora meno di quanto non sappia, o forse sarei andata via a 30 giorni dal mio arrivo. Queste persone mi hanno aperto le porte di casa, mi hanno coccolata e mi hanno sfamata, prendendosi cura di me come fossi di famiglia.
Mi hanno rivestita con bellissimi Saree, adornata ed abbellita. Si sono assicurati che una statuetta di Ganesh venisse sempre con me e mi proteggesse.
Probabilmente l'India, quella che mi piace, è proprio dovuta a queste splendide persone che hanno conquistato la mia fiducia, nonostante la mia iniziale diffidenza, dimostrandomi ancora oggi a migliaia di km di distanza che un pensiero per me c'è sempre.
Ho preso molto sottogamba le dimensioni del Paese. Sapevo che non avrei avuto la possibilità di viaggiare l'intero Paese in 3 mesi ma credevo che buona parte lo avrei potuto fare senza troppi impicci. Nessuna delle mie due ipotesi si è dimostrata essere veritiera.
Si è palesato da subito un Paese che è un continente, in termini di grandezza come di di varietà di culture e di Stati.
L'India ha davvero qualcosa da offrire per tutti e sarebbe un peccato associarla al solo Rajasthan o alla sola Goa o alla solo Himalaya.
L'India è tutto questo. L'india è il casino che ho tanto odiato, e la sporcizia epica, ma sa essere anche natura immacolata, Kerala, o zone tribali (Chattisgard). Sa essere vette innevate e percorsi naturalistici ma anche feste e musica psichedelica. Sa essere spirituale e veniale. Veloce eppure incredibilmente lenta.
Ero a Chitrakoot quando una coppia mi ha chiesto se volevo andare al tempio con loro, un pò annoiata e con non molto da fare accetto di accompagnarli, senza sapere dove stavo andando e soprattutto senza sapere che la visita al tempio includeva anche una camminata intorno alla montagna, 6km, in segno di devozione.
Considerando che noi camminavamo a passo svelto e altri invece lo facevano strisciando a terra ho preso questo momento con positività.
Alla fine della camminata intermezzata da qualche chai in uno dei tanti caffe lungo il percorso, una musica chiama la mia attenzione.
Percussioni e canti degni di un Buddha Bar in destinazioni metropolitane e alla moda. Invece mi trovo in un villaggio sperduto e dentro un tempio induista in cui si venerano gli dei. E sì, questa davvero connette con qualsiasi Dio possibile ed immaginabile. Grazie India!
Pazza l'India, pazzi gli indiani. Un paese che destabilizza e fa mettere in dubbio tutte le certezze, prova i nervi, l'olfatto, la vista e anche la propria pazienza.
Ma la diversità di questo subcontinente non può deludere, nè lasciare indifferenti.
Offre di tutto per tutti, isole tropicali, costa rigogliosa e lussureggiante, spiritualità e mondo contemporaneo all'avanguardia. E' un Paese che cresce alla velocità della luce in cui le tradizioni ancestrali si incontrano con le esigenze contemporanee.
Non è forse per tutti, non necessariamente fa innamorare, ma è sicuramente una di quelle mete da vivere e viaggiare almeno una volta nella vita.
Questo post ho cominciato a scriverlo a pochi giorni dal mio arrivo. Annotando tutto quello che mi colpiva, non riuscivo a trovare nulla che potesse farmi odiare questo Paese.
Ho cominciato a scriverne i pro, più facili soprattutto il primo mese, indagando con quasi ossessiva curiosità sui contro (che poi, sono arrivati tutti insieme in un momento particolare di grande stanchezza).
Più il tempo passava però quei contro che all'inizio cercavo sono arrivati. Non so ancora se perchè in contrasto con la mia cultura, o perchè fastidiosi davvero.
Non mi sono innamorata dell'India, eppure avrebbe tutte le carte in tavola per essere la meta eccellente di viaggio.
Dopo 3 mesi di tentativi e tutte le buone intenzioni per cambiare idea purtroppo questo non è accaduto. E la motivazione la posso correlare solo alla sensazione di essermi scontrata con una cultura troppo complessa e, forse, troppa in generale.
Troppo rumore, troppa gente, troppa sporcizia, troppo casino, troppa contrattazione, troppa accortezza in tutto quello che facevo o dicevo. Una sorta di limite, autoimposto probabilmente, alla mia libertà che nel rispetto di tradizioni tanto radicate è giusto che comunque adottassi.
Quindi, l'ho amata o l'ho odiata?
L'India è arrivata in un momento cruciale della mia vita offrendomi uno spunto di riflessione sul senso della vita e una chiave per poter pensarci in maniera differente rispetto a quanto abbia fatto prima.
Gli incontri fatti mi hanno illuminata nei momento meno felici, e ce ne sono stati, ed in maniera improvvisa. Mi ha dato delle risposte a delle domande che avevo da tempo. Pertanto le sono molto grata. Mi ha offerto un nuovo modo di pensare che mi piace e che ho deciso voglio approfondire, adattare a me e fare mio.
Eppure il rumore dei tuk tuk ancora a volte lo sogno, se si potesse dire scrivere li INCUBO!
Il piccante ho smesso di mangiarlo non appena volata via. Lo sporco mi sembra quasi impossibile da credere.
Ma quelle lezioni arrivate in maniera quasi divina occupano ogni giorno qualche minuto della mia giornata, addolcite, credo, dai messaggi di affetto di tutte quelle persone che mi hanno incrociata lungo il percorso e nei confronti dei quali mi sentivo profondamente ingrata.
Alla fine come dice il mio amico Gennnaro, l'India ti da quello che cerchi quando meno te lo aspetti.
In effetti quando ho smesso di indagare quelle risposte sono arrivate tutte insieme. Forse non la amo. Sicuramente non la odio. Senza ombra di dubbio le sono grata e posso affermare che è arrivata esattamente quando avevo bisogno di lei e della sua saggezza.
Che sia questo il senso di questo intricato e antico Paese?
Shantaram - 1000 pagine di libro, che se letto in Kindle non spaventa prima di essere iniziato. Ammetto che la seconda metà diventa un pò troppo fantasiosa e sconclusionata, ma quello che ho gradito di questa lettura è la capacità di raccontare anche le brutture dell'India riuscendo a fartele amare. Una introduzione piacevole a questo Paese in un romanzo che è difficile lasciar da parte.
L'odore dell'India - Nel 1961, in compagnia di Alberto Moravia ed Elsa Morante, Pasolini si reca per la prima volta in India. Le emozioni e le sensazioni provate sono così intense da spingerlo a scrivere queste pagine, un diario di viaggio divenuto un libro di culto. L’incanto di una terra ammaliante e l’orrore dell’esistenza che vi si conduce ci vengono restituiti dalla sua curiosità sensibile alle condizioni sociali, ma soprattutto con l’originalità della sua visione.
La Tigre Bianca - Un libro che racconta l'India contemporanea che non è solo fatta di spiritualità ma sa essere cinica e materiale. Un libro che aiuta a sospendere il giudizio, forse comprendere che alla fine cercare di capire l'India e gli Indiani è una battaglia perduta perchè possono entrambe le cose.
India della Lonely Planet- Un tempo esisteva una unica guida, adesso la Lonely Planet ha distinto l'India in India del Nord ed India del Sud, cosa che alleggerisce di molto il bagaglio. In alternativa vale la pena comprare i capitoli in Pdf disponibili sul sito.
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