Le frontiere, quelle linee sottili che fanno chiamare un Paese con il nome di un altro

Aggiornato il: 4 Settembre 2012
Scritto da: Giulia Raciti

Ho passato a piedi non so più quante frontiere. I voli aerei in quasi due anni di viaggi si contano sulle dita di una mano mentre i passaggi via terra sono talmente tanti che ho perso il conto.
Ed è proprio subito dopo avere passato la frontiera Bolivia/Perù che mi trovo per la prima volta a pensare a quanto in alcuni casi la frontiera sia una virtuale linea che mi fa semplicemente chiamare un Paese con il nome di un altro.
Questi passaggi in cui nell’arco di 100 metri, a volte 15, si stampa un passaporto con il visto di uscita e lo si ristampa 5 minuti dopo con quello di entrata.

Eppure proprio questi luoghi di transizione sono quelli in cui convergono le due culture, quella che si lascia e quella che si sta per incontrare.
Circumnavigando il lago Titicaca lato Perù per strada ci sono le caratteristiche cholitas, le donne con le lunghe gonne a pieghe, camicette, mantas (scialli) e le pesanti sacche sulle spalle, continuo a vedere la Bolivia anche se nel portafogli ormai ho Soles e non più Bolivianos.
Il lago qui ha ancora più la parvenza di mare.

La tranquillità e la pace dell’acqua di Isla del Sol diventa un’acqua più agitata in cui il vento fa alzare piccole onde che si increspano, ci sono reti da pesca, sembra che il lago che sino a qualche ora prima era sacro ed inviolabile qui sia fonte di guadagno e ben sfruttato.  Attività contro tranquillità, sacro e profano ad appena 20 minuti di distanza.

Nonostante questo soprattutto in questa parte di Sud America che è il cuore dell’impero inca, il fatto che si parli spagnolo rende questo passaggio da un Paese all’altro difficile. A volte sembra di non essere mai andati via.
Se non fosse per il denaro e la mia mente che deve abituarsi a pensare in pesos piuttosto che in bolivianos o Soles.
In Asia le differenze linguistiche (oltre che di moneta) rendevano il passaggio più netto. Ora si parla thai e dopo 4 minuti cambogiano.
Ogni Paese ha una propria storia, a volte fatta di dominazioni, guerre e soprusi, una propria lingua, scrittura e in alcuni casi una diversa religione che influenza anche il modo di vestire.
In questa parte centrale del Latino America invece essendoci una storia, pre-colombiana, in comune, mi riferisco al triangolo Nord Argentina, Bolivia e Perù, in cui si racchiudono usi, tradizioni, lingue e culture comuni, passare una frontiera mi sembra più un mero atto burocratico da svolgere che un effettivo passaggio spaziale.

Ho sentito più il passaggio da Buenos Aires a Tucuman che da La Quiaca a Villazon. Io mi sentivo già in Bolivia chilometri prima di attraversare la frontiera.

bolivia border

Attraversando la frontiera Argentina/Bolviia

border chile argentina

Passando la frontiera Cile/Argentina

Una terra delimitata da una linea che dice che qui si è in Bolivia e qui si è in Brasile, o Argentina.
Penso alla splendida città di Potosì, fonte di oro e argento sin dal tempo delle invasioni degli spagnoli che vantava strade ricoperte d’argento e fu considerata una delle città più ricche del mondo. E io che camminandoci potevo solo immaginare gli antichi splendori, intravendendoli tra i palazzi coloniali e carretti in cui si vendono bibite o frutta. E poi il passaggio al Perù che non vedo così diverso, le persone sono solo vestite all'occidentale ma sembrano le stesse persone lasciate qualche ora prima.

E' da settimane che viaggio spostandomi ininterrottamente da un posto all’altro e sono più le similitudini che trovo piuttosto che le diversità.
Un mate mi dice che siamo in Argentina, una saltena  mi dice che siamo in Bolivia, un Cuy al forno che siamo in Perù, ma gli occhi che mi guardano sembrano gli stessi.

Frontiera dopo frontiera ho girato buona parte del mondo, o per lo meno buona parte di quello che al momento volevo conoscere.
Alcuni passaggi sono stati semplici, veloci ed indolore. Altri complicati, ad orari improbabili o sotto 45 gradi all’ombra con in spalla uno zaino da quasi 20 chili.
Timbro dopo timbro la timeline della mia vita negli ultimi anni è segnata da entrate, ingressi, uscite, timbri, bolletti turistici.
Ogni timbro sul mio passaporto ha una sua storia. Ogni tanti mi piace guardarlo e sfogliarlo. Non so in quanti Paesi sono stata, non li conto più da molto tempo. Ma quando sfoglio le pagine del mio passaporto mi piace ricordare quei momenti triste ed emozionanti allo stesso tempo.

visto argentina

Visto ingresso Argentina

La tristezza di lasciarsi alle spalle un Paese che è stato un po’ mio per qualche tempo e la gioia di fare qualche passo e arrivare in uno nuovo di cui so poco o niente.
Eppure a volte non mi sembra di avere lasciato alle spalle niente. Lo staccco in molti casi è graduale, e io lentamente mi abbandono alla nuova realtà che mi accoglie gentilmente e senza traumi.

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Scritto da Giulia Raciti

Esperta di Africa e Latino America sono in viaggio dal 2011. Attualmente a bordo di un van. Ho fatto un giro del mondo in solitaria durato 3 anni. Scrivo delle destinazioni che visito. Mi occupo di realizzazione viaggi personalizzati e su misura in Africa e Sud America sul sito dedicato Kipepeo Experience.

4 comments on “Le frontiere, quelle linee sottili che fanno chiamare un Paese con il nome di un altro”

  1. A volte dispiace lasciare un paese che ci si è trovari bene ti capisco benissimo, ma il viaggio continua...penso che se ti è piaciuto il Peru ti troverai bene anche in Ecuador 🙂
    Brava che sono scesi i kg dello zaino!
    oaiC oaiC
    Loernzo

    1. Eh lo so..è da quasi due anni che armo lo stesso teatrino ogni volta che lascio un Paese, cambio il pelo ma non il vizio!

  2. Interessante questa tua riflessione, però il fatto che parlano spagnolo dovrebbe rendere più facile il passaggio delle frontiere.. (se uno lo sa ovvio), comunque i paesi latini anche se lo spagnolo è comune ogni paese ha sviluppato i suoi propri termini..alcuni addirittura nel paese vicino non capiscono il suo significato 🙂
    Le frontiere sono una parte del viaggio molto emozionante,primo perchè si lascia un paese e si entra in uno nuovo, secondo perchè ogni frontiera ha un modo tutto suo di essere passata...ma anche di arrivare e ripartire da ques'ultima.
    Comunque Giulia....20 kg lo zaino? Cerca di alleggerirlo...si vede che non hai fatto il Cammmino di Santiago di Compostela..hi..hi..hi..hi..hi..hi..
    oaiC oaiC
    Lorenzo

    1. Ciao Lorenzo e grazie per il tuo commento.
      In realtà il passaggio delle frontiere non è complicato tanto meno ho mai avuto paura è proprio l'idea di lasciare un Paese che mi mette tristezza, come ora che tra 2 ore lascio il Perù. Insomma sono stata qui per più di un mese e so che probabilmente non ritornerò e so poco e niente dell'Ecuador, non so cosa aspettarmi. Mi mette sempre molta apprensione, credo sia normale.
      20 chili (che in realtà con tutte le cose che ho perso credo siano 15) incluso tutto e cose per l'inverno e l'estate per 2 anni di viaggio credo non siano male 🙂
      Un saluto da Mancora
      Giulia

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